La comunità virtuale

La comunità virtuale: Il web 2.0 – Un approccio della socialità in rete

INTRODUZIONE

Alla fine del secondo Millennio, Howard Rheingold, uno dei più eminenti specialisti sull’uso dei mezzi di comunicazione al computer, afferma: “nelle comunità virtuali le persone utilizzano le parole nello schermo per condividere fatti e discutere, intavolare discorsi intellettuali, dirigere il commercio, scambiare conoscenze, sostenersi emotivamente, pianificare, pioggia di idee, litigare, spettegolare, innamorarsi, incontrare amici e perderli, giocare, flirtare, creare un po’ di arte e molte parole vuote. Nelle comunità virtuali la gente fa la stessa cosa che nella vita reale, lasciando però da parte il proprio corpo. Non si può baciare nessuno e nessuno può darti un pugno sul naso, però possono succedere molte cose dentro questi limiti”1, e come si è visto, “la comunicazione resa possibile dai media elettronici testuali è una comunicazione che non ha la ricchezza e l’impatto della comunicazione faccia a faccia”2.

Cosí nasce una nuova forma di comunicazione. Per quegli anni, come anche oggi, conoscere le reti sociali e le comunità virtuali è vitale nel mondo attuale. Senza dubbio, la gran quantità di informazione oggi su internet rende spesso impossibile porre le cose nel loro contesto.

Con l’introduzione del Web, della sua nuova interfaccia, aumentando un poco la velocità di connessione a Internet e un nuovo miglioramento della capacità mediali del computer, “con il Web, infatti, il computer diventa un vero e proprio mass medium: uno strumento comunicativo attraverso cui è possibile far fruire lo stesso contenuto multimediale – il sito web – a una «massa», un insieme indistinto di soggetti riceventi”3. Dopo nascono i diversi portali, i siti di ricerca, come il Yahoo nel 1994 diventerà il più grande portale e sito di riferimento; dopo viene Google che cambierà il panorama dei motori di ricerca; dopo viene la Webmail che consente di gestire una casella di posta elettronica direttamente da un browser. Notiamo come, a questo proposito Giuseppe Riva afferma: “come abbiamo visto, grazie alla nuova interfaccia resa possibile dal Web il computer è diventato un mass medium: con i siti web è possibile proporre e trasmettere a un grande numero di riceventi lo stesso messaggio. A caratterizzare storicamente i mass media è l’accesso limitato alla produzione comunicativa: la massa dei soggetti riceventi non ha possibilità di influenzare le caratteristiche e i contenuti dei messaggi trasmessi, che sono invece definiti da un’élite di professionisti, spesso sotto il controllo diretto o indiretto del potere politico ed economico. E lo stesso vale per il Web: la storia di Internet mostra come i contenuti dei siti più popolari siano definiti dagli stessi colossi che controllano l’editoria e/o la televisione. Con il «Web 2.0» improvvisamente questa situazione cambia: anche l’utente comune di Internet può creare e condividere contenuti comunicativi”4.

Il contesto sociale che si presenta nel mondo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York-USA cambierà molto la realizzazione e la partecipazione degli utenti del web. Si passa da una realizzazione passiva-controllata ad una partecipazione attiva-collaborativa-condivisa. Si scopre una nuova forma di interagire tra gli utenti. Con la nascita del Web 2.0 cambia la possibilità di partecipare da parte delle persone. Nascono i blog; alcuni si sono azzardati a chiamare questo momento “un periodo di partecipazione”. Comincia a rafforzarsi ciò che gli esperti hanno chiamato comunità virtuale.

Questa comunità virtuale, dice Rheingold, “è come un ecosistema di sottoculture e gruppi spontaneamente costituiti che si potrebbero paragonare a un coltura di microorganismi che crescono in un laboratorio e dove ognuno è come un esperimento sociale che nessuno aveva pianificato e che tuttavia si produce. La comunicazione immediata, per esempio, con persone di altri paesi e culture può contenere un potenziale di costante rettificazione delle costruzioni mentali dell’opinione pubblica e delle versioni ufficiali dell’informazione in ogni ambito. Si sta avvicinando una società universale in un fluido interscambio di idee, progetti, di consigli, di aiuti, in difficoltà emozionali o dove le persone più lontane possono semplicemente divertirsi insieme.”5. Però, per sapere, cosa sia realmente una comunità virtuale, secondo José Antonio Gallego Vásquez è molto importante aver chiaro quale sia la differenza tra le reti social e le comunità virtuali; egli afferma, facendo do uso di una sincera comparazione: “le reti sociali sono il veicolo, il luogo di incontro, attorno al quale la gente si riunisce. Sono centrate sulla persona o la impresa, che va creando la sua propria rete. Però molto più importanti e forse meno valutate sono, a mio giudizio, le comunità (virtuali). Chi cambia il mondo, chi crea valori, sono nelle comunità (virtuali) … le reti sociali sono la chitarra, le comunità sono le mani del chitarrista. Le comunità sono la chiave del successo o del fallimento, possono innalzare un’impresa sugli altari o fagli passare il peggiore degli inferni, benché siano essenzialmente una forza creativa di dimensioni colossali”6.

All’interno di tutto questo, il Web 2.0 cosa è? di cosa stiamo parlando? Così, “quando cerchiamo di chiarire la definizione di web 2.0, non possiamo parlare di una definizione ufficiale e consensuale tra gli esperti; si parla piuttosto di una tendenza, di una evoluzione nella quale le pagine web già non sono dei contenuti statici (ciò che si conosceva come web 1.0) senza possibilità per l’internauta di interagire con loro, mentre oggi si rende possibile la creazione e la pubblicazione di contenuti su internet, la cui principale caratteristica, potremmo dire, si basa su una comunicazione aperta, dando la possibilità di condividere, di cambiare e di creare per tutti questo contenuto […], al giorno d’oggi si può dire che sei un grande “esperto” del web 2.0, dal momento che passi ore e ore su Facebook condividendo e commentando una moltitudine di connessioni […]; al giorno d’oggi praticamente tutto il mondo usa questo concetto di web 2.0, per questo si può dire che si è convertito in una tendenza del concetto che avevamo prima delle pagine web. Grazie all’ingegno di alcuni come nella creazione di imprese come Facebook, Twitter, WordPress, Blogger, Amazon, Ebay, Google… noi, gli utenti. Passiamo dall’essere spettatori ad essere protagonisti, per cui possiamo plasmare i nostri pensieri, le nostre inquietudini, necessità, ecc.”7

UN APPROCCIO DELLA SOCIALITÀ IN RETE

In realtà sono molti gli autori che parlano su questo argomento. Vorrei basarmi sul libro che ho scelto per approfondire il corso di Comunicazione via Internet.

“Lo strumento del Web 2.0 che ha maggiormente permesso ai suoi utenti la creazione di contenuti sono i blog (abbreviazione di weblog). In pratica possiamo considerare i blog come i «padri» dei social network, […] ogni informazione pubblicata può essere commentata, avviando discussioni sugli argomenti trattati”8

Gli anni son passati velocemente e, con essi, lo sviluppo e l’evoluzione dei social network. Una cosa di questo processo che mi richiama l’attenzione è la crescente attenzione che viene riservata al blog come strumento per esprimere la propria idea, il proprio pensiero e pertanto la propria identità. È meraviglioso sapere che si è creato uno spazio per interagire, uno “spazio virtuale” che permette e da la possibilità di comunicare con altri. Questa è la più importante caratteristica che si può notare: la comunicazione che si ottiene crea un canale di prossimità, di analisi e di interrelazione. Il primo servizio meeting online è http://www.sixdegrees.com . Poi arriva http://www.ryze.com, considerato il primo social network, perché stato pensato anche per un ambito commerciale e professionale. In seguito con l’arrivo di numerosi social network, han potuto resisterne solo tre che si sono velocemente globalizzati: MySpace (2003), Facebook (2004) y Twitter (2006), conseguendo questi una nuova modalità di relazione: l’amicizia. Notiamo come, a questo proposito Riva afferma che “non solo l’uso dei social network per scopi promozionali e commerciali ha trasformato l’«amicizia» da un indicatore di relazione sociale a un indicatore di status sociale. Ciò ha spinto gli utenti a cercare relazioni di «amicizia» anche con perfetti sconosciuti e obbligato i social network a porre un limite al numero di «amici»”9. Però, se osserviamo la “comunità virtuale” da un altro angolo visuale, benché non tutti siano uguali, la discussione si pone sul piano sociale, psicologico in relazione ad altre scienze che hanno cominciato a studiare il fenomeno dalla loro propria tribuna. Per alcuni, il problema maggiore è quello della identità, per altri quello dell’appartenenza; tuttavia, oltre che guardarlo dal punto di vista affettivo, emozionale e conoscitivo, questo fenomeno evidenzia un insieme di situazioni e modi di vita di cui l’utente è privo e crede di incontrale in questo “piccolo mondo”, come oggi lo afferma la scienza delle reti. Quando la persona ha perso la sensibilità di guardare a chi le sta intorno e cosa gli sta succedendo realmente, affrontando la realtà così come è, possiamo azzardarci di affermare che si tratta di un problema più che esistenziale, di riconoscersi un essere umano che abita in un mondo reale che attende il contributo di tutti ottenere veri scambi con veri processi e non una vita virtuale che solo esiste in uno spazio e in un tempo piccoli quando accendo il computer o un dispositivo mobile che ora è alla portato quasi di tutti. Dico quasi perché c’è una buona parte della popolazione mondiale che tuttavia non ha avuto contatto con questa realtà virtuale. Esistono popoli che; nella loro vulnerabilità, sono esposti al fatto che un giorno arrivi tra le loro mani questa forma di vedere il mondo e quanto succede una società che si comporta in un modo individuale e debole: “un insieme di soggetti che si incontrano per motivi occasionali o strumentali e si accordano per rispettare una serie di principi comuni”10, dove l’unica cosa che conta è questa capacità di rispettare gli accordi stabiliti.

Nel 1961, secondo Riva, l’inglese W.R. Bion ha evidenziato: “come all’interno delle reti sociali gli individui sperimentino due tipi di attività e di stati mentali distinti. Il primo, di tipo razionale, è collegato al raggiungimento di obiettivi concreti e si manifesta attraverso la cooperazione volontaria in vista di un resultato; il secondo, di tipo inconsapevole, include stati emotivi molto regressivi attraverso i quali i soggetti perdono parte della propria identità e acquistano il sentimento di appartenenza al gruppo”11. Mi resulta preocupante che già da 50 anni si vedeva arrivare improvvisamente questo fenómeno sulla popolazione che sta ogni giorno preoccupata di quanto sucede nel mondo ma senza sapere cosa fare quando questa realtà ti prende senza sapere, perché non ci hanno insegnato e nemmeno detto come uscire da questo “piccolo mondo” creato in qualche modo per controllare la vita, i tempi, gli spazi e compresa anche la identità e l’intimità che ogni persona deve invece custodire come un valore.
Quando la comunità virtuale riesce a creare nella mente degli utenti un vincolo permanente, dove i vincoli di sangue, la amicizia o la vera vicinanza rimangono in secondo piano, si è riusciti a strappare la persona concreta dalla sua vera realtà che la circonda e che probabilmente non desidera affrontare. In questo punto dissento, non sono d’accordo con Rivas quando afferma che “la volontà comunitaria implica concordia e comprensione […] La comprensione richiede conoscenza reciproca, che è il frutto della partecipazione alla vita comune. All’interno della comunità, i rapporti non sono strutturati in termini di ruoli specializzati, ma i membri partecipano alle attività con la totalità del loro essere”12. La comunità virtuale non è una comunità normale, benché il protocollo della comunicazione funzioni e i mezzi di gestione intorno a internet metano a disposizione del gruppo degli utenti tutti i mezzi per fare credere che il ruolo che ognuno s volge nella comunità è un ruolo effettivo per tutti. La comunicazione – davanti ad un computer – continuerà ad essere povera, carente di elementi propri della comunicazione umana; così lo affermano a metà degli anni Ottanta le sociologhe americane Sproull e Kisler, “il punto de partenza è la considerazione che la comunicazione mediata da computer manca degli elementi metalinguistici propri della conversazione faccia a faccia”13.

Non si può negare che le comunità si radunino o discutano temi senza necessità di avere una presenza fisica; basta solo farlo con video-conferenze on line, presentazioni on line, chat, ecc.… la maggioranza pensa che tutto questo permette che le comunità virtuali siano più dinamiche delle normali. Inoltre permettono che utenti di differenti località geografiche si riuniscano in uno stesso “spazio” senza necessità di spostamenti, risparmiando tempo e costi. La cosa certa è che si tratta di una forma di comunicazione che continuerà ad essere analizzata sempre più.

CONCLUSIONI

Concordo con Riva quando dice che “grazie alla digitalizzazione, il computer si è prima trasformato in una macchina da scrivere avanzata, per poi diventare – grazie a Internet – uno strumento di comunicazione. Dall’esperienza testuale dell’e-mail, si è passati alla multimedialità del Web, che ha reso Internet un mezzo di comunicazione di massa”14, sebbene questo risultato di mediare, di comunicare non esprima chiaramente la realtà, perché la realtà virtuale si ferma lì, nella bacheca; lo stesso succede con il valore dell’amicizia che veramente non esiste come tale.

Come utente mi rendo conto che esiste un certo dibattito sociale sulle comunità virtuali. Faccio un invito a tutti gli utenti a sottolineare soprattutto gli errori delle applicazioni che facciamo quando usiamo una comunità virtuale o qualche forma di comunicazione per Internet. La nostra attuazione dipenderà dall’uso corretto dei media. Occorre lavorare di più in questo campo; mancano i professionisti nella formazione della coscienza critica.
Vorrei applicare questa conclusione descritta da Colombo: “L’attore umano, saldamente implicato nella comunicazione mediatica, può guardarsi e interpretarsi, e sulla base della propria lettura può scegliere di operare in un senso o nell’altro: verso l’adeguamento all’offerta, verso il suo rifiuto o anche verso una qualche forma di torsione personalizzata. Questo, forse, spiega ciò che abbiamo chiamato l’intrinseco dinamismo dei media, che possono invadere l’universo vitale dei soggetti, ma non possono esistere senza di essi”15.

BIBLIOGRAFIA

Colombo, F. [2006], Introduzione allo studio dei media. I mezzi di comunicazione fra tecnologia e cultura, Roma, Carocci, 5° ed., pp.133
Rheingold, H. [1996], La comunidad virtual. Una sociedad sin fronteras, Madrid, Gedisa, pp. 384
Riva, G. [2010], I social network, Bologna, Il Mulino, pp. 62
I siti web:
http://www.casadellibro.com/libro-la-comunidad-virtual-una-sociedad-sin-fronteras/9788474325621/542034
http://es.scribd.com/doc/144863981/Comunidades-Virtuales-y-Redes-Sociales
http://comenzandodecero.com/definicion-de-web-2-0

NOTAS A PIE:

1 Howard RHEINGOLD, La comunidad virtual. Una sociedad sin fronteras, Madrid, Gedisa, 1996, 384
2 Giuseppe RIVA, I social network, Bologna, Il Mulino, 2010, 62
3 RIVA, I social network, 63
4 RIVA, I social network, 70

5 Howard RHEINGOLD, La comunidad virtual. Una sociedad sin fronteras, en la siguiente dirección http://www.casadellibro.com/libro-la-comunidad-virtual-una-sociedad-sin-fronteras/9788474325621/542034
6 Libro de José Antonio Gallegos Vásquez en la siguiente dirección http://es.scribd.com/doc/144863981/Comunidades-Virtuales-y-Redes-Sociales
7 “Definición de Web 2.0 y su evolución hacia Web 3.0.”: en la siguiente dirección http://comenzandodecero.com/definicion-de-web-2-0/

8 RIVA, I social network, 73
9 RIVA, I social network, 93

10 RIVA, I social network, 99
11 RIVA, I social network, 97
12 RIVA, I social network, 99
13 RIVA, I social network, 101

14 RIVA, I social network, 95
15 Fausto COLOMBO, Introduzione allo studio dei media. I mezzi di comunicazione fra tecnología e cultura, Roma, Carocci, 2006, 133

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