Homo Naledi

di Roberto Carrasco, OMI

CHE GRANDE SCOPERTA?… CHE COSA SAI?

Il 11 settembre 2015 è stata resa pubblica la notizia dei resti di un nuovo esemplare del genere Homo, chiamato NALEDI che in lingua Sesotho significa «stella», è stato trovato in una grotta, a 50 km  della città di Johannesburg, in Sud Africa. Il professore Lee Berger dell’Università di Witwatersrand, resposabile della investigazione ha detto che si tratta di oltre 1550 reperti ossei relativi ad almeno 15 individui di varie età.

homo Naledi

Dopo sei mesi della notizia, penso ancora, che questa scoperta dell’Homo Naledi ha aperto un nuovo scenario nella comprensione della storia evolutiva della nostra specie. Infatti, si tratterebbe di una nuova realtà, che potrebbe confermare che nell’Antropologia lo studio dell’evoluzione dell’uomo non ha seguito un percorso evolutivo lineare, per cui da una specie ne è nata una nuova. Cioè, l’Homo Naledi ci revela che tuttavia manca sapere, nella totalità della comprensione del genere Homo, che ciò è forse. l’inizio di un cambiamento nella interpretazione dell’Homo nella scienza, anche la Teologia.

Già la presenza di molti individui nella cavità indurrebbe a pensare a un trattamento dei defunti e nella comprensione della vita e morte.

Speriamo che questo studio approfondisce.

 

 

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Tra indigeni abbiamo bisogno di incontrarci

Nel Napo peruviano e dell’Ecuador abbiamo bisogno di incontrarci.

NEL NAPO PERUVIANO ci sono molte cose che bisogna vedere nel loro insieme

 Di Roberto Carrasco, OMI*

 

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Nel mese di febbraio ci ha fatto visita nel bacino del fiume Napo, il Dr. Florindo Barisano, della ONG italiana del PRO.DO.CS (Progetto Domani: Cultura e Solidarietà). Certamente questo medico non è la prima volta che visita il Napo. Normalmente lo ha fatto dal lato peruviano. Questa volta è venuto facendo il percorso dall’Ecuador arrivando prima a Quito e poi per via fiume, da Coca a Rocafuerte. In questa maniera ha ridisceso il grande fiume che ha come paese fratello l’Ecuador, che si chiama Napo. Bisogna ricordare che Francisco de Orellana è venuto in Amazzonia per questa rotta ed ha «scoperto» il Grande Mare, oggi chiamato Rio delle Amazzoni.

Non è il caso del dottor Florindo, tuttavia, molte persone non conoscono la realtà del Napo vista nel suo complesso. Guardare il Napo con l’aspetto di un grande fiume che unisce due paesi fratelli: Perù ed Ecuador. Non entrerò nella linea di eventi che hanno dato origine a tutta la storia per definire una frontiera che oggi divide due paesi fratelli, ma non ha potuto dividere una cultura, quella Naporuna.

Io ho avuto l’opportunità di fare questo stesso viaggio in senso inverso, lasciando la città di Iquitos, passando per Mazan, raggiungendo Santa Clotilde e il giorno successivo andare a Angoteros e poi Pantoja, chiedere il permesso di frontiera ed andare a Rocafuerte. Mi ci sono voluti due giorni. Dopo un lungo viaggio in “canoa”, come denominano gli ecuadoriani un battello commerciale che porta circa un centinaio di persone alla volta, sono arrivato alla città di Coca in Ecuador.

Come molti, sono rimasto sorpreso dalla grande differenza che si incontra sullo stesso fiume tra Ecuador e Perù. Poco più di un anno fa il presidente dell’Ecuador Correa ha inaugurato «Il ponte sul maestoso Fiume Napo». Un investimento di circa 100 milioni di dollari che collega la città petrolifera di Coca, con una strada lunga più o meno 80 km, e che alla fine raggiunge l’area degli indigeni Huaorani. Discussa opera per alcuni e per molti un «grande lavoro che risponde alle esigenze della popolazione dei fiumi”.

Il Dr. Florindo Barisano, commentando il suo viaggio sul fiume, ha scritto questo: «Non avrei mai potuto immaginare che il Napo ecuadoriano era così diverso rispetto al lato peruviano. Le cose che abbiamo visto a Coca, su quella strada terrestre che portava a Pompeya, e lungo il percorso fluviale sul fiume fino a Rocafuerte è impossibile immaginare per coloro che hanno attraversato nel corso degli ultimi 20 anni solo il lato peruviano del Napo. Quello che raccontava Padre Juan Marcos, che io pensavo fossero storie esagerate, erano la vera realtà. Era per me incredibile vedere che il fiume che io ho solcato decine di volte in Perù, era lo stesso che ho visto passando da Coca a Nueva Rocafuerte dal lato ecuadoriano, ed è motivo di tristezza vedere come potrebbe essere trasformato il lato peruviano del Napo nei prossimi anni».

Su questa riflessione ci sono molte cose da dire. Nelle Missioni cattoliche presenti in tutto il Napo si sta da tempo discutendo sui rischi e le minacce che è insito nell’attività dell’industria estrattiva in questa parte della Amazzonia Sudamericana.

I missionari che lavorano a stretto contatto con le comunità indigene sono testimoni viventi di come si sviluppano e vengono attuate le politiche in virtù dello “sviluppo pro-bianco». Ad esempio, il Millennium Cities Project – Manaos, vuole dragare il Napo. In realtà, vi è grande preoccupazione da parte dei popoli dell’Amazzonia di questa zona del pianeta. Loro vogliono il dialogo come Nazione Kichwa. Vogliono incontrarsi per discutere i loro problemi. La verità è che le popolazioni indigene dell’Ecuador hanno sofferto molto di più le conseguenze dell’industria estrattiva petrolifera. Ci sono casi giudiziari terminati con condanne come i casi della Texaco e di Sarayacu. Gli indigeni della zona peruviana non hanno ancora avuto esperienze forti analoghe. Il conflitto che si è verificato nel maggio 2009 nel Medio Napo, quando la Marina di Guerra peruviana e l’industria petrolifera Perenco si scontrarono con gli indigeni che avevano operato un blocco del fiume Napo, anche se poteva sembrare un fatto importante, purtroppo non lo è stato. Tutto il dialogo ed i tavoli di lavoro terminarono lì. Alcune comunità che potevano beneficiarsi dell’estrazione del petrolio non si unirono alla lotta ed alla protesta. Ad oggi, quasi tutte le comunità indigene peruviane del Napo non hanno ancora avuto il supporto diretto promesso all’epoca dalle compagnie petrolifere.

Nel Napo peruviano ci sono molte cose che dobbiamo ancora analizzare nel suo insieme. Continueranno ad essere i viaggiatori, gli stranieri, i visitatori, i turisti che ci diranno e confermeranno quello che i missionari stanno dicendo da molto tempo …? c’è davvero la volontà di lavorare con i popoli indigeni…? Probabilmente i governi di turno termineranno i loro mandati con le loro tasche piene, a scapito delle risorse di tutti. Forse il linguaggio di inclusione continua a far sognare e gli stati del Perù e dell’ Ecuador continuano a dare somme irrisorie di denaro alle persone dicendo che stanno facendo un grande piano per combattere la povertà e la malnutrizione.

Ma quello che accade va ben al di la . La malnutrizione si aggrava con l’inquinamento dei fiumi. Le acque sono inquinate e né lo Stato né le aziende che si definiscono leader sociali vogliono farsi carico di questa patata bollente. Il livello di istruzione è molto basso, la sanità completamente a terra. Se la salute di questa parte del mondo non è nel caos più totale lo dobbiamo solo grazie al lavoro della Missione dei Cappuccini in Rocafuerte – Napo – Ecuador e la Missione Cattolica di Santa Clotilde – Perù, dove gli Oblati di Maria e i Padri Norbertini stanno offrendo assistenza sanitaria di qualità,

Bisogna stare tutti uniti a lavorare con la nazione Kichwa. Bisogna scommettere per il dialogo e per un Progetto di Vita Kichwa per i popoli del Napo ecuadoriano e peruviano. Chiunque voglia aderire ad esso è il benvenuto, per recuperare il Yasuni tra le riserve naturali che appartengono a tutti e non ad un gruppo di investitori che opera con la benedizione dei governi in carica.

(*) Articolo pubblicato il Lunedi, 25 marzo, 2013 in http://eltrocheronaporuna.blogspot.it/2013/03/en-el-napo-peruano-y-ecuatoriano-nos.html

Traduzione fatta per Dr. Barisano