E se la Chiesa si «amazzonizzasse»?

di Roberto Carrasco Rojas

Non si tratta solo del problema dell’ambiente, si tratta del nostro futuro come pianeta, come esseri viventi. Il Sinodo Panamazzonico è solo l’inizio di un processo già iniziato nella Chiesa.

Card. Claudio Hummes e Card. Pedro Barreto – Presidente e Vice presidente della Repam

Il 2019 è l’anno in cui la Chiesa ha iniziato un nuovo percorso verso un evento molto importante. Si trata di un evento che, che mentre per qualcuno sembra una minaccia, per gli altri, e in genere per i popoli della regione panamazzonica, è una buonissima opportunità per farsi ascoltare.

Il prossimo Sinodo dei Vescovi per l’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica, che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre, potrebbe essere determinante nello sviluppo di una Chiesa dotata di fecondità evangelizzatrice. «Ho scelto di proporre alcune linee che possano incoraggiare e orientare in tutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice, piena di fervore e dinamismo… ho deciso… di soffermarmi ampiamente sulla questione: …la riforma della Chiesa in uscita missionaria…, delineare un determinato stile evangelizzatore che invito ad assumere in ogni attività che si realizzi», sono le parole di Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (Cf. EG 17-18).

Il 16 maggio scorso a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, si è svolto un Convegno su “Amazzonia: sfide e prospettive per la Casa Comune”. Tra gli intercolutori è stato il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha presentato la questione della tutela del tesoro amazzonico. Stiamo parlando di 7 milioni e mezzo di chilometri quadrati contenenti fino al 50% della flora e della fauna esistenti. Un patrimonio che è stato presentato a noi come una «sfida» non regionale, ma globale, che necessita di una «visione a lungo termine», di «responsabilità intergenerazionali», di «azione concreta in aiuto» dei governi che decidono sul futuro dell’Amazzonia, «ecopolmone» dell’umanità. Turkson ha sotolineato che siamo alle «ultime ore possibili per salvare questa area» che, come tutta l’Equatore, è stata creata da Dio per «sostenere la vita dell’uomo, per tutelarne l’equilibrio».

Ha destato stupore il Cardenale Cláudio Hummes OFM, Presidente della Repam (Rete Ecclesiale Panamazzonica) e prefetto emerito della Congregazione per il Clero, quando ha parlato di una «crisi climatica ed ecologica grave e urgente», e ha sottolineato che: «È una bugia che le risorse del pianeta sono infinite».

Ha detto parole come: siccità, inondazioni, innalzamento dei mari, desertificazione e ha indicato le cause: l’idea del progresso illimitato, il paradigma tecnocratico, il consumismo crescente, la cultura dello scarto, l’inquinamento legato ai rifiuti. Tutto questo crea una situazione che va affrontata urgentemente, ricordando all’auditorio ciò che tanto la Cop 21 a Parigi come l’neciclica Laudato si’ ci hanno trasmesso nel 2015.

«Molti che conservano il potere economico stanno truccando o nascondendo il problema. Stiamo affrontando una grave crisi», ha evidenziato il relatore generale del Sinodo sull’Amazzonia.

«L’Amazzonia costituisce un punto di equilibrio per il pianeta. Non è mai stata minacciata come lo è oggi». In questa Amazzonia sta la Chiesa missionaria. «La Chiesa è coinvolta in questo tema nel nome della fede, perché trasmette l’incarnazione e deve occuparsi della Casa Comune: una Chiesa con quattro secoli di presenza tra i poveri, senza stancarsi. Una Chiesa che promuove l’inculturazione e l’interculturalità”; con queste parole non soltanto ha messo l’accento sulla sfida per la Chiesa, ma ha tracciato il contesto in cui si colloca il Sinodo dell’ottobre prossimo.

Il terzo intervento era del cardinale peruviano Pedro Barreto, arcivescovo di Hauncayo, vicepresidente della Repam; proprio lui ha posto la domanda: perchè un Sinodo per l’Amazzonia? Nel contesto della sinodalità della Chiesa, «la proposta di Papa Francesco sull’ecologia integrale sarà una risposta sinodale per la cura della casa comune». Mentre parlava ha proposto due nuovi verbi in spagnolo: «Amazonizar la Iglesia y Laudatosificar la Sociedad», cioè «Amazzonizare la Chiesa e Laudatosificare la Società», citando l’encíclica sociale di Papa Francesco, e ribadebdo che «dobbiamo rilanciare l’evangelizzazione in Amazzonia»

Questo convegno si è svolto nel contesto della riunione in Vaticano del Consiglio pre-sinodale da cui uscirà, tra poche settimane, l’Instrumentum Laboris, cioé le linee guida su cui lavoreranno i vescovi al Sinodo sull’Amazzonia. Questa riunione del Consiglio pre-sinodale ha raccolto le sintesi di tutti i contributi emersi in quasi un anno di lavoro, in cui la Repam ha giocato un rolo molto importante. Questo Instrumentum Laborissarà però inviato a tutti i vescovi della Panamazzonia per un’ulteriore verifica.

Nel comunicato della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi sulla seconda Riunione del Consiglio pre-sinodale dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, del 17 maggio 2019, si legge che in quella occasione i membri hanno approbato e presentato un “documento di lavoro che è diviso in tre parti”Gli argomenti che affrontano sono: “[1] la voce dell’Amazzonia intesa come ascolto di quel territorio, [2] l’ecologia integrale e [3] la Chiesa con volto amazzonico”.

Sono tre argomenti veramente sfidanti, per una Chiesa che voglia dinamizzare la propria missione e andare lontano, mettendo in gioco l’essenza della sua nascita: l’Annuncio del Vangelo a tutti popoli, con un attegiamento di ascolto e di costante crescita fraterna e sinodale.

Ascoltare l’intervista d’oggi a Radio Vaticana proprio del tema. Dal minuto 18 in più.

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Sinodo dell’Amazzonia, false paure e realtà

di Roberto Carrasco, OMI

La Chiesa «con volto indigeno» ha sulla scrivania una speciale proposta per aprire tanto il dialogo come il discernimento a Roma

Ci si chiede che cosa porterà il prossimo Sinodo sull’Amazzonia, che si svolgerà a Roma del 6 al 27 ottobre. Ci sono diverse reazioni, con una certa preoccupazione da parte della cosiddetta «ala tradizionalista» della Chiesa in Germania. A che punto siamo? è la domanda che si pongono diversi vescovi, preti e laici.

Al centro dovrebbe esserci la problematica ecologica che l’encicilica «Laudato Si» presenta: «inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto, del clima, della questione dell’aqua, perdita della biodiversità, deterioramento della qualità della vita umana e degrado sociale, inequità planetaria, eccetera», che avrà un grandissimo impatto sociale e culturale proprio in tutta la regione panamazzonica. Ultimamente però i media europei hanno dato spazio alla preocupazione sulla possibilità della ordinazione tanto delle donne diacono, come degli uomini sposati, puntando il mirino dell’informazione su qualsiasi intervento di qualche vescovo tedesco, sapendo che l’opinione pubblica è divisa sul tema.

Ma, in realtà quali sono i temi che preocupano la Chiesa in questa parte del mondo? La cosiddetta Chiesa «con volto indigeno» ha sulla scrivania una speciale proposta per aprire tanto il dialogo come il discernimento a Roma. È importante ricordare i contenuti del Documento Preparatorio (dell’08 giugno 2018) intitolato: «Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale».

Ascoltare i popoli indigeni

Vediamo, tra i punti principali, quelli che interessano l’intera regione panamazzonica. Innanzitutto, ascoltare i popoli indigeni e tutte le comunità che vivono in Amazzonia (rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti; una presenza di circa tre milioni di indigeni; esistono nel territorio fra i 110 e i 130 Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV) o «popoli liberi»), come primi interlocutori di questo Sinodo.

La loro situazione sociale è segnata dall’esclusione e dalla povertà (DAp 89), ma ci sono organizzazioni indigene che cercano di approfondire la storia dei loro popoli, per orientarne la lotta per l’autonomia e l’autodeterminazione: «È giusto riconoscere che esistono iniziative di speranza che sorgono dalle vostre stesse realtà locali e dalle vostre organizzazioni e cercano di fare in modo che gli stessi popoli originari e le comunità siano i custodi delle foreste, e che le risorse prodotte dalla loro conservazione ritornino a beneficio delle vostre famiglie, a miglioramento delle vostre condizioni di vita, della salute e dell’istruzione delle vostre comunità» (Fr.PM).

I nuovi colonialismi

Un altro punto importante riguarda il fatto che si impongono nuovi colonialismi ideologici mascherati dal mito del progresso, che distruggono le identità culturali proprie e il «buon vivere» parte fondamentale della loro spiritualità e saggezza. Ci ricorda Papa Francesco, che nell’opera di evangelizzazione non si può «mutilare l’integralità del messaggio del Vangelo» (EG 39). Quindi, si «esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale» (EG 165), e, soprattutto, gli domanda di assumere e assimilare la convinzione che «tutto è collegato». Questo implica ascoltare oggi il grido che l’Amazzonia eleva al Creatore, questo grido è simile al grido del Popolo di Dio in Egitto (cf. Es 3,7). È un grido di schiavitù e di abbandono, che domanda la libertà e l’attenzione di Dio. Un ascolto che ha nell’ecologia integrale una chiave per camminare insieme come Popolo di Dio.

La presenza della Chiesa

Pertanto, l’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica ha bisogno di un grande esercizio di ascolto reciproco, specialmente di un ascolto tra il popolo fedele e le autorità magisteriali della Chiesa. Una delle cose principali da ascoltare è il gemito «di migliaia di comunità private dell’Eucaristia domenicale per lunghi periodi» (Documento Aparecida 100, e). Questa Chiesa dal volto amazzonico sa che «essere Chiesa è essere Popolo di Dio», incarnato «nei popoli della terra» e nelle loro culture (EG 115).

La Chiesa è chiamata ad approfondire la sua identità mettendosi in relazione con le realtà dei territori in cui vive e ad accrescere la propria spiritualità con un esercizio continuo di discernimento. In questo tema, la Repam (Rete Ecclesiale Panamazzonica) ha giocato un ruolo fondamentale nell’elaborazione di proposte e nuove linee d’azione.

La Chiesa dell’Amazzonia ha preso coscienza che, a causa delle immense distese territoriali, della grande varietà dei popoli e dei rapidi cambiamenti degli scenari socio-economici, la sua pastorale non riusciva a garantire che una presenza precaria. Una missione incarnata esige di ripensare la scarsa presenza della Chiesa in rapporto all’immensità del territorio e alla sua varietà culturale.

La Chiesa dal volto amazzonico deve «ricercare un modello di sviluppo alternativo, integrale e solidale, fondato su un’etica attenta alla responsabilità per un’autentica ecologia naturale e umana, che sia radicata nel Vangelo della giustizia, nella solidarietà e nella destinazione universale dei beni; che superi la logica utilitarista ed individualista, che rifiuta di sottoporre ai criteri etici i poteri economici e tecnologici» (DAp 474, c).

La questione delle donne

Un’altra priorità è quella di proporre nuovi ministeri e servizi per i diversi agenti pastorali, che rispondano ai compiti e alle responsabilità della comunità. In questa linea, occorre individuare quale tipo di ministero ufficiale possa essere conferito alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che le donne rivestono oggi nella Chiesa amazzonica. È altresì necessario sostenere il clero indigeno e nativo del territorio, valorizzandone l’identità culturale e i valori propri. Infine, bisogna progettare nuovi cammini affinché il Popolo di Dio possa avere un accesso migliore e frequente all’Eucaristia, centro della vita cristiana (cf. DAp 251).

Logo del Sinodo Panamazzonico 2019

Una spiritualità interculturale

La Chiesa e tutto il Popolo di Dio, con i suoi vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, missionari e missionarie, religiosi e laici, è chiamata a entrare con cuore aperto in questo nuovo cammino ecclesiale. Siamo chiamati come Chiesa a rafforzare il protagonismo dei popoli: abbiamo bisogno di una spiritualità interculturale che ci aiuti a interagire con le diversità dei popoli e con le loro tradizioni. Dobbiamo aggregare le forze per prenderci insieme cura della nostra Casa Comune.

Dunque, dopo avere letto questa realtà, ci aspettiamo il documento finale. Secondo mons. Fabene avremo «a breve la stesura dell’Instrumentum Laboris» del prossimo Sinodo del 2019.