Riguarda la partecipazione attiva dei popoli per la difesa dell’Amazzonia, dei suoi biomi, dei suoi territori e delle popolazioni che vivono sotto costante minaccia.
di Roberto Carrasco, OMI
L’Amazzonia e con essa tutti i suoi popoli vengono colpiti dalla pandemia in maniera feroce. Si tratta di una forza enorme che esercita una grande pressione sulla vita delle persone, al punto che le popolazioni indigene, oltre a continuare la difesa dei loro territori contro la forza dell’estrattivismo imperante, ora devono anche affrontare l’avanzata di un virus che ogni giorno devasta le popolazioni ancestrali, al punto da mettere in pericolo la sopravvivenza delle popolazioni più vulnerabili, ad esempio le popolazioni in isolamento e quelle in contatto iniziale.
A ciò si aggiunge l’esclusione storica dei loro diritti e l’assenza di uno stato che non ha potuto garantire servizi di base e infrastrutture sanitarie ed educative. Com’ è possibile che le acque dolci dell’Amazzonia rappresentino dal 15% al 20% dell’acqua dolce nel pianeta, e che ancora esistano popolazioni senza acqua potabile per affrontare le gravi conseguenze di una pandemia che è arrivata a mettere a rischio le persone più vulnerabili?
Non sono solo le popolazioni indigene a trovarsi in grave situazione di vulnerabilità, ma ci sono anche migranti, afro-discendenti, la stessa popolazione urbana stanziata in grandi città come Manaus e Iquitos, che sta soffrendo in grandi proporzioni del contagio di Covid 19. È noto che la maggior parte delle popolazioni che abitano le periferie di queste grandi città sono popolazioni indigene che hanno lasciato le loro terre alla ricerca di migliori opportunità di vita.
Il 18 e 19 luglio si è svolta la prima Assemblea Mondiale per l’Amazzonia. Il risultato è stata una Dichiarazione che segnala: «Perché ecocidio, etnocidio e terricidio avanzano peggio del virus»[1]; inoltre chiama la popolazione mondiale a realizzare insieme azioni che liberino l’Amazzonia e le persone che la abitano da gravi rischi di vita e che vanno oltre la pandemia.
La devastazione che le foreste amazzoniche subiscono ogni giorno, e i gravi rischi di esistenza che si avvicinano e tengono lo sguardo fisso su tutti i biomi che compongono la Panamazzonia, sono oggetto di discussioni e dibattiti seri che propongono alla popolazione mondiale di cercare un dialogo comune con tutti i popoli ancestrali del mondo, perché non si tratta solo dell’Amazzonia, ma dell’intera casa comune. Allora quello che può accadere alla casa comune ci coinvolge tutti perché «un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio»[2].
Per concludere, facciamo nostra la campagna che è iniziata questa settimana: AMAZZONIZZA-TI. Facciamo in modo che i leaders dei popoli e delle comunità tradizionali articolino azioni per la cura della casa comune. La Chiesa in Amazzonia ha aderito a questo compito, alleandosi con le popolazioni indigene; così pure hanno fatto diverse organizzazioni ecclesiali, artisti, formatori di opinione, scienziati e ricercatori.

[1] Cf. https://asambleamundialamazonia.org/2020/07/20/declaracion-de-la-primera-asamblea-mundial-por-la-amazonia/?fbclid=IwAR2DvByBXSLT_vHAfPlS4Hyde3OQGDDpYkNYlHC1jJOEX9GnstILPtJ0I3A
[2] Discurso en Santa Bárbara, California (8 noviembre 1997); cf. John Chryssavgis, On Earth as in Heaven: Ecological Vision and Initiatives of Ecumenical Patriarch Bartholomew, Bronx, New York 2012.
Traduzione dallo spagnolo di Antonella Rita Roscilli