Il Grido della Terra e dei Poveri e non l’ordinazione degli uomini sposati

di P. Roberto Carrasco, OMI

Un comunicatore sociale cattolico ha la responsabilità di dire alla gente la verità. Il tema fondamentale del Sinodo non era l’ordinazione degli uomini sposati. È un peccato che alcuni media che si definiscono cattolici trattino questo problema con molta morbosità, diventando parte di alcuni settori conservatori che sfruttano questo tipo di disinformazione per i propri interessi.

Papa Francesco nell’ultima Esortazione Apostolica esprime il carattere speciale che nutre per l’Amazzonia, perché per lui l’Amazzonia è un essere vivente che oggi soffre e urla di dolore e ci interroga perché ci fa vedere come stiamo trattando la natura.

Caminando hacia una Iglesia con rostro indígena

Un sogno condiviso

«QUERIDA AMAZONÍA» è un sogno diventato realtà. Un sogno di molti missionari che aspettavano il giorno in cui questo problema diventasse motivo di grave preoccupazione per la Chiesa.

Francesco condivide questo sogno perché ha messo i suoi occhi e il suo cuore in un posto molte volte dimenticato nel mondo e da lì invita tutti noi ad affrontare la sfida davanti a questa realtà. Francesco ama l’Amazzonia e lo esprime al punto che inizia la sua esortazione con poche parole molto affettuose: Cara Amazzonia. Questa è la cosa più bella che la Chiesa sia stata in grado di esprimere verso i popoli originali di una regione del mondo.

Ma questa Esortazione Apostolica è un documento non solo per i popoli o la chiesa dell’Amazzonia. È indirizzato a tutte le persone di buona volontà. È il risultato di un processo, di un intero processo di ascolto. Processo che ha significato un momento di grazia nel Sinodo. Questa Esortazione è integrata dai contributi sinodali che sono stati espressi, discussi, chiariti e analizzati nel Documento finale del Sinodo. Dobbiamo ricordare che il Documento finale del Sinodo è una cosa e l’Esortazione Apostolica è un’altra, e ciò di cui siamo più felici è che l’Amazzonia entra come un soggetto che ha un forte carattere ecclesiale.

Il Santo Padre Francesco ha potuto presentare a tutta la Chiesa un’esortazione pensando non solo all’America Latina, ma a ogni realtà ecclesiale che richiede conversione. Ci sono alcuni settori della chiesa che dovrebbero aprirsi per comprendere questa realtà, perché finché non lo faranno, non saranno in grado di comprendere né Papa Francesco, né l’enciclica Laudato Si ‘, né il suo Magistero.

L’idea è che ci lasciamo sollecitare da questo sogno di Francisco. «QUERIDA AMAZONÍA» è un sogno condiviso. Il punto 7 dell’Esortazione è un vero e proprio riassunto:

Sogno un’Amazzonia che combatte per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce viene ascoltata e la loro dignità viene promossa. Sogno un’Amazzonia che preservi quella ricchezza culturale che la mette in luce, dove brilla in modi così diversi la bellezza umana. Sogno un’Amazzonia che custodisce gelosamente la travolgente bellezza naturale che la adorna, la vita straripante che riempie i suoi fiumi e giungle. Sogno comunità cristiane capaci di arrendersi e incarnarsi nell’Amazzonia, fino al punto di regalare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici .

I viri probati

Nel quarto capitolo del Documento finale del Sinodo questo tema appare come un contributo dei padri sinodali. È uno dei tanti argomenti che sono stati toccati, ma non il più importante. Con questa Esortazione Apostolica, Papa Francesco sembra conciliare due settori della chiesa, l’America Latina e il settore ultra-conservatore, in generale nel nord Europa e negli Stati Uniti. È falso che il Sinodo intendesse ridurre la questione dei viri probati come se fosse la questione cruciale di questo sinodo speciale. Sappiamo che il tema principale del Sinodo erano i «nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale». Leggiamo il numero 91 del Documento finale: Con audacia evangelica, vogliamo implementare nuovi percorsi per la vita della Chiesa e il suo servizio per un’ecologia integrale in Amazzonia.

Altri temi che ci sfidano

Il Papa esprime al numero 85 dell’esortazione: l’inculturazione deve essere sviluppata e riflessa in un modo incarnato di attuare l’organizzazione ecclesiale e la ministerialità: Se la spiritualità si incultura, se la santità si incultura, se il Vangelo si incultura, come possiamo evitare di pensare a un’inculturazione del modo in cui i ministeri ecclesiali sono strutturati e vissuti?

La pastorale della Chiesa ha una presenza precaria in Amazzonia, dovuta in parte all’immensa estensione territoriale con molti luoghi di difficile accesso, grande diversità culturale, gravi problemi sociali e la scelta di isolarsi da parte di alcuni popoli. Questo non può lasciarci indifferenti e richiede una risposta specifica e coraggiosa dalla Chiesa.

Ci sono seri problemi nel territorio panamazzonico ed è per questo che alla chiesa sono richieste risposte nello stile di Gesù. Non possiamo rimanere nel comfort delle nostre case, auto, poltrone o con i nostri buoni cuscini nel letto. Dobbiamo abbandonare questo e riconfigurare la nostra ministerialità di servizio.

Bene, ora tocca ai vescovi e ai superiori delle congregazioni religiose adottare questo insegnamento e inviare persone preparate in Amazzonia. Roma ha un’alta presenza di sacerdoti, tra quelli che studiano e quelli che fanno carriera. Quale sarà l’ubicazione finale e reale di molti di loro? Continuano a mettere in discussione le vocazioni ministeriali e missionarie della chiesa. Lo afferma chiaramente il Papa quando indica che le persone hanno bisogno della celebrazione dell’Eucaristia perché questa ‘fa la Chiesa’ e arriviamo a dire che ‘non si costruisce nessuna comunità cristiana se questa non ha le sue radici e il suo centro nella celebrazione della Santa Eucaristia’. Se crediamo veramente che sia così, è urgente impedire alle popolazioni amazzoniche di essere private di quel cibo di nuova vita e del sacramento del perdono. Ecco perché vescovi e superiori ora «hanno la palla in campo».

[Traduzione dallo spagnolo all’italiano di Antonella Rita Roscilli]

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Is an important experience that should be continued. – PROYECTO RECREARTE

Recreate yourself 2012: in the Peruvian rainforest

February 28th, 2012 – Peru

The Peruvian rainforest remains more than ever a very impressive target for foreign investors. Statistics tell us that in 2011, Peru grew economically by 7%. They say that was a good year. They speak of a country that is growing and is in good condition to face the economic crisis. In the executive branch, they speak of a policy of social inclusion. The development of a powerful oil industry is starting in the Napo-Loreto basin.

On the other hand, the indigenous communities are concerned about such topics as the pollution of the rivers because of oil spills; the spread of drug trafficking; the increase in illegal logging; the unlawful mining of gold; the taking of large quantities of fish from the lake in freezers; the increasing lack of teachers on all levels. And there is only talk about social inclusion, but they don’t have much on the policy level.

In the midst of this reality, the parish of Our Lady of the Assumption in Santa Clotilde-Rio Napo-Loreto, for the fourth consecutive year, is focusing on the education of indigenous boys and girls and teenagers of the Kichwa peoples. The RECREATE YOURSELF project is a program created by the Missionary Oblates of Mary Immaculate for providing a place for the integral formation of the children and youth of the Napo. This January 2012, a total of 24 indigenous Kichwa communities in the basin were present at Santa Clotilde by sending their representatives: 51 boys and girls, accompanied by a team of young leaders and professionals. The central theme for their work was “Children and care for creation.” Each day, there was academic enrichment, group work, a workshop for painting and drawing, a puppetry workshop, a singing workshop, catechesis for the first encounter with Christ, and a workshop on indigenous Kichwa values. Nor did we leave out recreation, sharing, the common life, and interchange with the neighbors in the barrio. Each participant was examined by the doctors of the Health Center of Santa Clotilde.

recrearte

At the same time, 25 indigenous youth from the Upper and Middle Napo received pre-university training at the St. Eugene de Mazenod Academy. For the third consecutive summer, their academic background was reinforced and they have been prepared for entering the National University of the Peruvian Amazon. The young students, many of them high school graduates, found in the SEM Academy an opportunity to learn and to prepare themselves. This year, the focus of discussion was “The presence of oil in the Napo river.” They shared information about oil spills in the Loreto region in the past five years, the increase in deforestation and illegal logging, as well as the increase in drug trafficking in the area. Their concern was evident in their faces and in the prolonged dialogue. Our thanks to the professionals who guided this academic formation. We are happy that this year, two Kichwa indigenous youth from the High Napo, Edgar Jota and Ítalo Noteno, have succeeded in getting into the university, Edgar for a career in nursing and Ítalo for pharmacy and biochemistry. They are the first indigenous Kichwa youth to take this step. Now it’s up to us to accompany them in their training.

The mission of Santa Clotilde is grateful to those who were involved in this task: the benefactors, the youth leaders of the parish, the professionals from the Health Center of Santa Clotilde, the lay professionals who came from the Parish of Nuestra Señora de la Paz–Comas–Lima. May God, the Father of the Earth, whom we call in Kichwa “Pachayaya,” bless the work and the efforts of each one. We believe that this work is a contribution to the Amazon and to the indigenous communities. We believe that RECREATE YOURSELF is an important experience that should be continued. We believe that by listening to the indigenous children and youth, we learn a lot. (Edgar NOLAZCO ALMEYDA y Roberto CARRASCO ROJAS)

“Sta’ in gamba!… Io al posto tuo prenderei una nuova avventura missionaria”

LA MIA ESPERIENZA NELL’AMAZZONIA PERUVIANA

di Roberto Carrasco, OMI

De dove sono ?

Sono sacerdote peruviano della Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immaculata. Nato nel 1974 a Lima, capitale del Perù. Era l’anno 2004 quando ho finito la Teologia a Cochabamba, in Bolivia. Dopo tre anni degli studi sono arrivato in Perù. Ho deciso di consacrarmi come religioso oblato con voti perpetui… “solo Dio sa se mi è dispiaciuto facerla”.

AUCAYACU – La prima esperienza

La prima volta ho vissuto nella Missione di Aucayacu, a Huanuco – Perù. Ero un giovane entusiasta che iniziava l’avventura missionaria. Mi dicevo: “questo è come un sogno, Gesù ha mandato in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo…, se Dio vuole sarò sacerdote missionario oblato”.

Prendere la decisione di accantonare per un tempo nella foresta peruviana, allontanarsi da familiari ed amici e di lasciare le comodità della nostra quotidianità non è estato facile, ma alla fine ho deciso di fare questo passo nel buio, forse perché spinto dalla voglia di conoscere una parte del lavoro della Chiesa. Va da sé che la foresta è un posto difficile dove stare.

Purtroppo, dal 1980 al 2000, Aucayacu era una delle regioni più depresse e dimenticate dal governo. Che cosa è succeso…? I civili si trovarono sempre più coinvolti negli scontri armati tra Sentiero Luminoso e lo stato peruviano. Se non soddisfacevano le richieste dell’esercito erano trattati come terroristi e spesso spazzati via in terribili massacri. Se non aiutavano, o semplicemente non si sottomettevano a Sentiero Luminoso, venivano accusati di essere traditori e correvano il rischio di rappresaglie dall’altro lato. Questa situazione fu particolarmente brutale fino al 1985: in soli due anni furono uccise 5567 persone, 96% delle quali civili. Fare a meno di questo era un peccato. Non fare parola era la regola. Avevo paura.

Vista la situazione politico-economica in cui si trova il posto e le persone…, “magari dovrei lasciarlo”, ho pensato. A volte alcuni di loro mi hanno detto che devo lavorare in questo posto missionario. Dopo aver parlato con miei fratelli oblati ho deciso di rimanere.

La missione ha una radio comunitaria. Ho lavorato lì per quattro anni. Avevo un programma radiofonico. Una prima esperienza affascinante che cambierà la mia vita. Essere un comunicatore sociale.

SANTA CLOTILDE – Nel fiume Napo

Dopo quattro anni, il padre superiore mi ha scritto e mi ha dato una notizia bomba: hanno accettato i miei voti perpetui… “Roberto, eccoti i tuoi voti perpetui”. Ma la lettera anche diceva: “Devi prendere in considerazione, si apre una nuova missione nella foresta peruviana, vicino alla Colombia ed all’Equador…, vieni a Lima, dobbiamo di parlare”.

Santa Clotilde è la capitale del distretto del Napo, nella provincia di Maynas. È una circoscrizione territoriale che fa parte della regione Loreto. Partendo da Iquitos, il capoluogo regionale, vi si arriva solo con barca a motori oppure con i piccoli monomotori ad elica, dai quali, nelle quasi tre giorni di viaggio, si può vedere una landa sterminata di vegetazione incontaminata. Distante solo 350 chilometri dalla frontiera equatoriana. La città – ma sarebbe opportuno chiamarla Posto di Missione, visto che è la sede parrocchiale – ha una popolazione urbana più meno attorno ai 4,500 abitanti e la popolazione rurale più meno de 7,500 abitanti. È bagnata dal fiume Napo, che nasce nella Cordigliera delle Ande Equatoriani. Queste fiume è grande e lungo. Unisce il Perù e l’Ecuador come una sola cultura. Solo nella parte peruviana si trovano 124 comunità indigene, diversificate tra loro per stirpe, usi, costumi e lingua. I gruppi etnici presenti sono Kichwas, Secoyas, Arabelas, Muruy – Muinane, Maijunas.

Sulla parola “indigeno” ci sarebbero moltissime cose da dire: tutti infatti siamo indigeni del proprio paese, ma le persone che vivono qui affermano sempre di essere “indigene”, come per caratterizzarsi e differenziarsi dagli altri peruviani – la cosa interessante è che però non sanno dirti quali sono i prerequisiti per essere definito “indigeno”. Voi cosa ne pensate? Vi lascio con questa domanda, anche perché ora non c’è tempo e lo spazio per approfondire questo tema.

Ricordo le parole del Padre Mauricio, il mio superiore: “Sta’ in gamba!… Io al posto tuo prenderei una nuova avventura misionaria”. Allora, ho pensato: “Secondo me è meglio prendere una nuova missione. È necesario che la mia vita abbia una nuova esperienza”. Con tutto questo sulla spalla sono arrivato a Santa Clotilde, era ottobre 2008. Dopo un po’, posso affermare che in moltissime circostanze nelle comunità si incontrano diversi casi di denutrizione, specialmente tra i bambini, e di analfabetismo e/o di incomprensione del castigliano e di usanze tribali che, per esempio, portano uomini e donne a mangiare in tavoli separati. Il matrimonio dei figli viene ancora combinato dai genitori nelle comunità più distanti da Santa Clotilde, ma con il tempo le cose stanno cambiano ed i più giovani ora possono trovare autonomamente la persona con cui vogliono instaurare una relazione affettiva. Sono molte cose che hanno penetrato in mio cuore.

La cosa più importante che ha richiamato la mia attenzione della Cultura Napuruna è la vita quotidiana del indigena napuruna. Ha una relazione molto profonda con Dio e con la foresta, con la sua familia e con la sua comunità. “Dio cammina e visita nostra comunità, visita le nostre case. Lui parla con noi. Da consigli”. Le persone che vivono qui sono semplici, in quanto vivono con poco.

Per concludere come si deve: dopo sette anni di lavoro, un giorno l’ho detto a Florentino Noteno, animatore cristiano indigena con chi abbiamo lavorato insieme: “ti ringrazio tanto per tutto ciò quanto ho imparato a casa tua, nella tua comunità. Devo andare verso una nuova missione…”

NOTA: Mi scuso, è la prima volta che scrivo un articolo in lingua italiana.